(In questo post: Farinata di ceci )
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Conoscete il dott. Spinsanti?
Io no, fino a qualche giorno fa.
Medico e uno dei fondatori della medicina palliativa in Italia.
Dove palliativa non significa inutile, perché non c’è più niente da fare, ma significa dignitosa!
Ho partecipato ad una conferenza interessante sul “saper vivere fino alla fine”.
Cosa significa? Significa che ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di scegliere per la vita e per la morte.
Spesso abbiamo la possibilità di farlo, ma più spesso non ce l’abbiamo. Sono gli altri che decidono per noi.
E i motivi sono tanti…
Mi sono interrogata su questo, sull’accanimento terapeutico dei familiari.
E mi sono data le mie risposte.
L’esperienza della morte non l’ho ancora provata di persona, altrimenti non sarei qui a raccontarvela. Ma l’esperienza di perdere qualcuno, a cui si vuole molto bene, ce l’ho e, purtroppo, più di una.
E ogni volta, la paura della perdita è stata talmente forte da farmi pensare che anche un respiro in più sarebbe stato meglio che niente. Ma non so se per i miei cari fosse lo stesso.
In ogni caso ricordo perfettamente che ogni volta che è arrivata la notizia, io non l’avrei voluta sentire.
Mio cugino aveva solo 18 anni quando è morto e a 16 si è ammalato. Per due anni di seguito, senza un attimo di sosta, sono andata e venuta dall’ospedale, perché volevo godermi ogni suo istante e perché volevo fargli sentire il mio affetto.
Abbiamo passato gli ultimi due anni della sua vita sempre insieme.
Fino a quando non è partito per Genova per avere il trapianto.
A quel punto sembrava che la remissione fosse certa e così accettai di partire anche io, per l’Olanda per fare l’Erasmus.
E chiedevo di lui ad ogni telefonata.
Pochi giorni prima di ritornare, però, ebbi la netta sensazione che il filo si fosse spezzato, sebbene mia madre mi rassicurasse.
Tornai 10 giorni dopo la sua morte, di sera, ma io non chiesi di lui, per la prima volta.
Non chiesi nemmeno la mattina dopo. Io, lo sapevo già, in fondo al cuore.
Ma non sapere mi dava l’illusione che non fosse successo niente.
Ricordo ancora che mia madre si avvicinò alla porta della mia stanza mentre disfacevo i bagagli e mi guardò senza dire niente.
Capì subito cosa voleva dirmi, ma io non volevo saperlo, solo quello mi dava l’illusione che fosse tutto a posto.
Scoppiammo a piangere tutte e due e per un tempo infinito, fui devastata.
Pensando a quel forte dolore (e anche agli altri che ho subito), capisco la volontà di non voler lasciare andare i propri cari…
Ma ricordo anche le grida di mio cugino all’ennesimo supplizio che gli praticavano.
Non so, se assistendo ai suoi ultimi giorni, quando ormai si sapeva che non c’erano più speranze, e lui diventò anche cieco, se il suo profondo dolore e il mio profondo amore, si sarebbero incontrati e, per l’affetto che nutrivo per lui, l’avrei lasciato andare…
Non lo so…
So solo che mi manca tutt’ora, così come tutti gli altri.
Il mio libro sostiene la Samot Onlus, un’associazione che si occupa di malati terminali, come mio cugino, e delle loro famiglie, per affrontare il dolore della perdita.
E adesso vi propongo una ricette vista da Un’arbanella di basilico vincitrice di The Recipe-tionist. La ricetta che ho scelto è molto semplice, ma altrettanto buona ed una ricetta tipica della sua regione. L’ho scelta proprio per questo, per renderle omaggio e perché è una ricetta naturalmente senza glutine: la farinata.
Farinata di ceci
500 g di farina di ceci
1 bicchiere di olio extravergine d’oliva
500 g di farina di ceci
1 bicchiere di olio extravergine d’oliva
1,5 l di acqua minerale
sale
pepe
rosmarino
sale
pepe
rosmarino
Diluite la farina di ceci con 1,5 litri di acqua e mescolate bene per sciogliere i grumi. Fate riposare per 3-4 ore. Se necessario, schiumate.
Mettete 1 bicchiere di olio nel composto e mescolate. Ungete una teglia e versatevi l’impasto per un’altezza massima di 1/2 centimetro. Infornate a 200° fino a che si formerà una crostina dorata.
Mettete 1 bicchiere di olio nel composto e mescolate. Ungete una teglia e versatevi l’impasto per un’altezza massima di 1/2 centimetro. Infornate a 200° fino a che si formerà una crostina dorata.
Carla Emilia ci avverte che nel forno di casa non viene bene come nel forno a legna, e io ho aggiunto il rosmarino così come suggerito anche nel suo post, ma devo dire che il risultato non è stato niente male e i pargoli sono stati ben contenti e adesso me la chiedono sempre!Se vi va di sostenere la Samot Onlus, vi chiedo di cliccare MI PIACE sulla pagina facebook del mio libro “Metti un celiaco a cena. Fantasie COOLinarie di una Fornostar” così che tante persone possano conoscerlo e acquistarlo e sostenere anche loro la Samot Onlus.
di Stefania Oliveri |
Con questa ricetta partecipo a The recipe-tionist di febbraio
e al 100% vegetal monday
“Farinata”
500 g of chickpea flour
1 cup of extra virgin olive oil
salt
pepper
rosemary
Dilute the chickpea flour with 1.5 liters of water and stir well to dissolve the clots. Let stand for 3-4 hours. If necessary, skim.
Put 1 cup of olive oil into the mixture and stir. Grease a baking dish and pour the mixture to a maximum height of 1/2 inch. Bake at 200 degrees until they form a golden crust.
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A presto
Stefania Oliveri
16 Comments
Forno Star
26 Febbraio 2014 at 22:49Un abbraccio cumulativo a tutte voi che siete passati di qui e mi avete lasciato questi commenti toccanti. <3
Cristiana Beufalamode
26 Febbraio 2014 at 22:12…non so che dirti. E' un qualcosa a cui penso spesso Da fisioterapista (quando lavoravo!) ho avuto a che fare con bambini oncologici e con pazienti affetti da SLA e sempre mi chiedevo come si potessero accettare delle condizioni di vita (vita????) del genere pur di vivere qualche giorno in più, ma poi ti fermi e rifletti: se al posto di quel bambino ci fosse mio figlio…che farei??? Ancora non so darmi una risposta, ma ammiro chi ha la forza di aiutare chi soffre nell'ultimo periodo. Appena finito il corso di laurea vennero dei fisioterapisti di Anthea (un'altra associazione che aiuta i malati terminali) a cercare nuove leve da assumere, ma non me la sentii…è un qualcosa di devastante: più volte mi son ritrovata ad uscire da una stanza con le lacrime agli occhi davanti alla sofferenza di un bambino e alla forza di una madre…Poi ti devi confrontare con la notizia del via libera all'eutanasia per i minori in Belgio…e pensi: a cosa ci porterà tutto questo??
Mi dispiace tu abbia dovuto soffrire…ti mando un abbraccio cri
Un'arbanella di basilico
25 Febbraio 2014 at 12:15Ciao Stefania, non so perché tu abbia scelto proprio la mia farinata per associarla a un post così lacerante, ma di una cosa sono certa che mi fa molto piacere, perché posso partecipare a reclamizzare l'utilità della Samot di cui ci parli. L'altra ragione è invece chiusa dentro di me e tu l'hai riportata fuori perché anche mio cugino Pier se n'è andato a 18 anni ed era il mio cugino preferito…. adesso al lavoro ho un collega giovane, simpatico, capace, con il quale vado molto d'accordo e che coccolo tantissimo, nessuno capisce perché, lo so solo io, perché si chiama Pier e ha lo stesso sguardo dolce del Pier che ho perduto. Grazie per tutto, un abbraccio
paneamoreceliachia
25 Febbraio 2014 at 10:08Il tuo racconto è doloroso. Ha innescato un circolo virtuoso però.
Bello quello che fai sostenendo la Samot. Sei una donna generosa.
Un abbraccio forte,
Ellen
Giulietta | Alterkitchen
25 Febbraio 2014 at 8:45È una lotta eterna ed impari, quella fra il desiderio di godere di ogni momento possibile di una persona che sta per andarsene e quello di rispettare le volontà di quella persona.
Non credo ci sia una risposta semplice, o forse una risposta non c'è proprio, ma mi ha commosso leggere le tue parole e le tue riflessioni su questo tema.
Sulla farinata non mi pronuncio, ma solo perché non posso addentarla in questo istante, come vorrei.
Mary Di Gioia
25 Febbraio 2014 at 6:31e mettiamo anche questa nella lista delle ricette da provare 🙂 strepitosa
flavia galasso
24 Febbraio 2014 at 21:30Tu sai…che perido sia queesto per me, e quindi per me questo tua ricetta vale tantissimo….tu sai che momento sa questo per una delle persone a cui tengo di più in assoluto….. ha scelo lei…tutto lei …. perchè è la sua vita…èerchè la poca sabbia rimasta nella sua clessidra appartiene a lei….e qualsiasi sia la decisione che lei prendera in qqualsiasi momento …. lei sa che io l'appoggerò sempre…perchè io so cosa c'è dopo la fine, ma come ci si arriva …beh questo spetta solo ad ognuno di noi deciderlo se si può…nessun accanimento…. nessun attaccamento…nessun rimpianto….. slo tanto immenso amore da rispettare qualsiasi scelta lei farà…… sarà terribilmente dura …. ma so cosa c'è dopo la fine, e se potrò la aiuterò a non avere paura….. ti abbraccio fortissimo, e ti voglio molto bene e grazie per questa farinata , Flavia
Chiara Setti
24 Febbraio 2014 at 21:03Uffi oggi ero già parecchio triste e leggere questo post mi ha rattristato ulteriormente…poi però leggo del tuo libro e del bene che fai con il tuo libro e allora mi sento già in po' meglio. La farinata dev'essere speciale! Un bacio
Anonimo
24 Febbraio 2014 at 17:51Bel post, soprattutto perchè non leggo alcun pregiudizio nelle tue parole..Io, per esperienze personali soprattutto, sono arrivata alla conclusione che si debba poter scegliere..pretendere che una persona debba lottare fino alla fine, soffrendo e magari già sapendo che non ci sarà mai un miglioramento, neanche piccolo, può diventare una tortura.
Soprattutto, credo che decidere se vivere o morire sia il fondamento della nostra libertà, nessuno può permettersi di portarci via la più grande delle nostre scelte.
Eppure c'è chi ogni giorno, per proprie convinzioni che vorrebbe imporre al resto del mondo, lotta per far diventare illegale tutto questo.
Elisa
valentina
24 Febbraio 2014 at 16:44Passo da te dopo aver letto fra i blog che seguo la parola "farinata" nel titolo del post… sono genovese e mi ha attirato subito. Poi però inizio a leggere, e la ricetta passa in secondo piano mentre rifletto sulle tue parole. Chi non ci è passato può dirsi fortunato, ma purtroppo è toccato a molti di noi. Le associazioni come la Samot sono le uniche che ci aiutano, aiutano chi soffre e chi gli sta vicino. Per me e la mia famiglia è stato lo stesso, un'associazione qui a Genova ci ha aiutato. Cambia il nome ma l'intento di queste persone sensibili e capaci è sempre lo stesso. Aiutano chi parte, e sorreggono chi resta.
Io, se mi trovassi in quella situazione, vorrei essere lasciata andare…
journeycake
24 Febbraio 2014 at 16:06Alle volte anche quando si giunge alla fine del cammino, per quanta consapevolezza ci sia, ci si attacca ancor di più alla vita e ci si aggrappa ad essa con forza. Il tuo è un bellissimo gesto, le associazioni di volontariato, che offrono servizi estremamente preziosi e riempiono tanti vuoti istituzionali, vanno sostenute. Un abbraccio. p.s. Non ho mai fatto la farinata terrò stretta la tua ricetta!
ELel
24 Febbraio 2014 at 13:05È un tema spinoso questo…
Adoro la farinata e con grande sorpresa l'ho ritrovata anche qua in Francia!
cosebuonediale
24 Febbraio 2014 at 13:03L'ho provata una volta e mi è venuta una schifezza. Riproverò seguendo attentamente tutti i tuoi consigli. Grazie per la ricetta e per l'impegno che metti in tutto quello che fai, aiuto alla Samot in testa! T.V.B.
Ale
ParoleInPadella
24 Febbraio 2014 at 11:26Che bel post Stefania! Anche io spesso mi chiedo come reagirei di fronte ad una situazione così e la risposta non ce l'ho. Di certo penso che ognuno di noi dovrebbe vivere dignitosamente tutti i suoi giorni e se l'accanimento non lo consente, il malato dovrebbe avere la possibilità di dire basta. Però è dura decidere per chi non lo può fare…e lì sarei in serie difficoltà!
Detto questo, ti mando un forte abbraccio…e mi segno gli ingredienti per la farinata!
Alessia
Valentina - La Pozione Segreta
24 Febbraio 2014 at 10:05Mi piace la farinata….ottima ricetta!
roberta
24 Febbraio 2014 at 9:00Ci sarebbero cosi' tante cose da dire Stefania…..Il vuoto che le persone che amiamo lasciano nelle nostre vite andandosene e' incolmabile. Possiamo riempirlo un po' solo con i ricordi e con il nostro amore che non muore insieme a loro. Io spero tanto che quando sara' la mia ora, i miei mi ameranno abbastanza da lasciarmi andare. La mia famiglia sostiene da anni un'associazione come la Samot, dopo che loro ci hanno aiutato con nostro padre. La loro sensibilita' e la loro professionalita' ci hanno permesso di godere dei suoi ultimi giorni con serena consapevolezza.